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Borsellino, 20 anni dopo. Il mio diario da Palermo – seconda parte

Diario, ore 21:00, 18 luglio – Via Maqueda. Nel cortile della facoltà di Giurisprudenza si tiene l’ormai consueto convegno promosso da “Antimafia duemila”. E quest’anno, in piena polemica tra Quirinale e Procura, gli animi sono vistosamente accesi. C’è tantissima gente, almeno un migliaio di persone. C’è Leonardo Guarnotta, membro dello storico “pool antimafia” di Chinnici e Caponnetto ed oggi presidente del Tribunale di Palermo. Ha sfilato silenziosamente in corteo con decine di cittadini palermitani dietro lo striscione di un’associazione che precisa: «siamo qui, ma a modo nostro, in silenzio. Perché condividiamo quello che dicono le “Agende rosse” ma non i metodi».

 

Corsi e ricorsi storici: c’è lo stesso sindaco di vent’anni fa, Leoluca Orlando. Ci sono loro, attesissimi, i magistrati della procura di Palermo, Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato. Manca Antonio Ingroia, ma arriverà. Ci sono i giovani e i cittadini. Tanti e diversi, ma ci sono.

Scambio qualche parola con la gente presente tra il pubblico. Seppur con toni differenti, sono parecchie le critiche rivolte al Presidente della Repubblica. Ma l’apice di veemenza si raggiunge quando si parla dell’ex ministro Mancino. Se per il Capo dello Stato, nonostante qui non giochi certo in casa, c’è spazio per i ragionamenti, a lui nessuno fa sconti proprio nessuno.

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