Non so se aver speso gran parte della mia adolescenza ad impicciarmi di cose assolutamente estranee ai miei coetanei sia stato un bene o un male, ma io mi sentivo bene così.
Col mio pc e con il Web io ero ovunque succedesse qualcosa di nuovo. E siccome ero un ficcanaso facevo sempre di tutto perché di quel qualcosa di nuovo io fossi parte attiva anche nella vita reale, anche perché credevo – e credo ancora oggi – molto poco agli “eroi da tastiera”.
Ricordo in particolare gli anni del liceo, quando invitammo ad un’assemblea l’inviato di un noto quotidiano nazionale. Volevamo sapere qualcosa in più delle mafie, ed in particolare – visto che il cronista era calabrese – di quella più ignota ed innominabile, che stava ad uno sputo da noi: la ‘ndrangheta. Ci raccontò molte cose, anche utili, ma per lo più riconducibili all’aneddotica e al folklore più che alla cronaca. E comunque, purtroppo le sue più che ricostruzioni storiche sembravano archeologiche. Niente di più di quello che si diceva in giro.
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