Usare la tecnologia per raccogliere e processare dati e informazioni sensibili. Iniziare a farlo più di un decennio fa, quando la privacy era un far west e lo sceriffo non era ancora arrivato in città. E farci soldi, tantissimi. Ma, soprattutto, il potere. Quello vero. Sedurlo, servirlo e sedervi accanto.
Storia di una startup segreta
Chiedetelo a Peter Thiel, lo storico socio di Elon Musk in PayPal che, dopo la vendita dell’azienda ad eBay nei primi anni Duemila, anziché puntare su macchine elettriche, treni superveloci e missioni spaziali, con una mano re-investiva i suoi quattrini su startup in rapida crescita, garantendosi un posto nei tavoli delle decisioni (Facebook senza Thiel probabilmente non sarebbe mai stata l’azienda che conosciamo oggi) e con l’altra li metteva, insieme ad altri ex PayPal, in una nuova startup segreta, guadagnandosi nel giro di un paio di lustri un posto al tavolo dei potenti del mondo.
La promessa? Supportarli in qualsiasi cosa. Dal controllo dei flussi migratori, alle operazioni di monitoraggio dei danni dovuti a cataclismi, a quelle per rintracciare Bin Laden e terroristi vari fino a, giusto per citare le ultime commesse, risalire alla diffusione del Coronavirus. La stessa startup si descrive così: “sviluppa software che risolve problemi”. Con buona pace di Mister Wolf.
Una intelligence company per sua natura ovviamente molto silente, quasi invisibile, che ha nel suo core-business “rendere l’Occidente, in particolare l’America, il più forte nel mondo”, e che a tale scopo da 17 anni è al servizio più preziose aziende degli Stati Uniti e che con il suo governo, con il ha avuto relazioni costanti, sia durante le Amministrazioni Obama sia, più di recente, nell’era Trump, che il libertario Thiel aveva pubblicamente “endorsato” e finanziato con 1,25 milioni di dollari alle primarie repubblicane del 2015.
Tutti i clienti di Palantir Technologies
Poche sono le aziende private, eccezion fatta per l’universo Marvel e DC Comics, a poter vantare tra i propri clienti agenzie di servizi segreti quali l’FBI e la CIA. Tra queste c’è Palantir, una delle startup di Big Data più controverse della Silicon Valley.
Uno dei suoi prodotti di punta, “Gotham” (come la città dei fumetti pervasa da criminalità e corruzione sorvegliata da Batman), viene utilizzato dagli analisti antiterrorismo negli uffici della United States Intelligence Community (USIC) e del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. In passato, Gotham è stato utilizzato dagli investigatori antifrode del Recovery Accountability and Transparency Board, un’ex agenzia federale statunitense che ha operato dal 2009-2015. La stessa piattaforma è stata utilizzata anche dall’Information Warfare Monitor, un’impresa canadese pubblico-privata che ha operato dal 2003 al 2012 e, nel 2019, dal World Food Programme delle Nazioni Unite.
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C’è poi un’altra piattaforma, Metropolis (da Batman a Superman), utilizzata da hedge fund, banche e società di servizi finanziari. Un software per l’integrazione dei dati, la gestione delle informazioni e l’analisi quantitativa. Funziona così: gli si dà in pasto i dati e questo restituisce relazioni e anomalie, compresa l’analisi predittiva.
Possiamo portare un esempio pratico della potenza di fuoco di Palantir Metropolis, che le cronache americane non hanno mancato di annotare. Con l’aiuto di oltre 100 ingegneri Palantir, a partire dal 2009 Peter Cavicchia III, allora capo del team delle “operazioni speciali” di JP Morgan aveva raccolto e-mail, cronologie dei browser e posizioni GPS da telefoni aziendali, nonché trascrizioni da conversazioni telefoniche registrate di decine, centinaia di dipendenti, fino ai più alti dirigenti. L’obiettivo, aggregare, ordinare e analizzare queste informazioni per parole chiave, frasi e modelli di comportamento specifici, identificando così i dipendenti scontenti, che potevano diventare anche trader disonesti. Il dirigente verrà allontanato dalla banca d’affari – che non ha mai commentato l’accaduto – nel 2013.
Gli affari in Europa (con i nostri dati)
Al momento in cui scrivo, Metropolis non compare più tra i prodotti sul sito ufficiale di Palantir, probabilmente “rottamato” da Foundry, la nuova piattaforma di business intelligence utilizzata da grandi aziende come Morgan Stanley, Airbus e FCA (sì, la casa automobilistica della famiglia Agnelli).
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E sull’onda dell’emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus arrivano anche nuove occasioni di affari, soprattutto in Europa: Gotham e Foundry sono proposti alle agenzie sanitarie come una soluzione combinata che potrebbe supportare i governi nella gestione della pandemia. Secondo quanto rivelato da Bloomberg, Palantir avrebbe presentato le sue soluzioni a diversi funzionari governativi in Francia, Germania, Svizzera e Austria.
Sulla base degli accordi già in pancia con l’HHS, il dipartimento della Salute USA (nel solo 2019 Palantir ha attivato nuovi contratti con il governo degli Stati Uniti per 1,5 miliardi di dollari), la società ha già firmato un contratto con l’NHS, il servizio sanitario nazionale britannico. Un asse commerciale strategico, quello USA-Europa, che non è affatto una novità: come ogni società di intelligence che si rispetti, oltre al quartier generale di Palo Alto Palantir aveva già suoi uffici a anche a Londra e Parigi.
Quanto vale Palantir
L’azienda era stata valutata 9 miliardi di dollari miliardi all’inizio del 2014, “tra le società tecnologiche private più preziose della Silicon Valley” secondo Forbes. Dopo un nuovo round di investimento (non divulgato) di 50 milioni nell’autunno dello stesso anno, nel gennaio 2015 la società è stata valutata 15 miliardi di dollari. Una valutazione salita in meno di un anno a 20 miliardi di dollari, al termine di un round di 880 milioni.
Nel 2018, Morgan Stanley (che è anche cliente di Palantir e che dalla gestione dei suoi round di finanziamento privati ha guadagnato in 14 anni circa 60 milioni di commissioni) ha stimato il valore della società in un’eventuale offerta pubblica nel 2020 tra 36 e 41 miliardi di dollari.

Il CEO di Palantir, Alex Karp (già PayPal)
L’azienda diventerà pubblica (e meno segreta)
A proposito di una eventuale quotazione a Wall Street, il CEO di Palantir, Alex Karp, aveva commentato nel 2013 che una IPO avrebbe potuto rendere “molto difficile la gestione di un’azienda come la nostra”, anche perché le procedure di quotazione richiedono molta trasparenza e la riservatezza e questo non aiuta di certo il percorso di Palantir verso la Borsa. Lo stesso Karp in una recente intervista alla HBO aveva rivelato che “i nostri clienti spesso ci richiedono di tacere”.
E invece il cerchio inizia a chiudersi, ed è notizia di questi giorni che Palantir ha depositato alla SEC (Securities and Exchange Commission) degli Stati Uniti la domanda di quotazione.
L’operazione potrebbe tradursi in una delle più grandi IPO di un’azienda tech dallo sbarco in Borsa di Uber dello scorso anno, anche se, ad onor del vero, l’attuale valutazione dell’azienda è decisamente inferiore rispetto ai 20 miliardi dell’ultimo round di quattro anni fa (l’ultima stima disponibile è quella di CB Insights, il tracker di unicorni, ma risale al 2016). Sul mercato secondario le quotazioni di Palantir sono variate tra gli 8 e i 12 miliardi di capitalizzazione, e ad oggi sta raccogliendo finanziamenti per 961 milioni di dollari, di cui 550 milioni sono già stati versati dalle giapponesi Sompo e Fujitsu.
Con il debutto a Wall Street, la posta “politica” in gioco diventa più alta di ogni futuro rendimento finanziario, perché vuol dire che, come con qualsiasi società quotata, Palantir dovrebbe adeguarsi alle regole e rinunciare ad uno dei suoi asset principali, la segretezza, rivelando gran parte della sua storia finanziaria e aprendosi al controllo degli investitori. In una parola, diventare trasparente.
Il paradosso nascosto
Quando nel 2003 un gruppo di trentenni con a capo Joe Lonsdale, Nathan Gettings, Steven Cohen, Alex Karp (CEO) insieme a Peter Thiel (Presidente) decisero di essere i primi a muoversi in quel far west dove anziché le salsole rotolavano mucchi di dati, per divenire – quando sarebbero arrivati – i migliori amici degli sceriffi, scelsero di chiamarsi Palantir; riferendosi in modo geniale alle sette pietre magiche create dagli Elfi nei libri de “Il Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien, che permettevano agli utilizzatori di comunicare tra loro o di vedere parti lontane del mondo.
Ma i più appassionati della trilogia fantasy ricorderanno certamente che le Palantíri furono anche “corrotte” da Sauron, il “cattivo”, come quella usata da Denethor (l’ultimo sovrintendente di Gondor): Sauron scelse che cosa mostrargli. Portandolo all’autodistruzione.
