Ok signori, abbiamo un nuovo trending topic che diventa esso stesso l’emblema di una delle più astute operazioni di marketing dell’ultimo decennio: Rosatellum.
Certamente ora che il testo richiama al cognome del proponente risulta più gradevole dei suoi predecessori: Italicum, legge mai usata, sembrava il nome di un mercantile e, soprattutto, non dimentichiamoci che il nonno di entrambe era il ben più noto Porcellum.
Ebbene, è la quinta riforma elettorale in 25 anni. In media, abbiamo cambiato regole del gioco una volta ogni 5 anni. Probabilmente è record del mondo. Se non fosse, purtroppo – e la storia politica italiana insegna – che queste leggi non hanno sempre migliorato la nostra democrazia rappresentativa.
Infatti, ancora una volta anche alle prossime elezioni come avviene oramai da oltre 10 anni, non potremo scegliere il candidato (o i candidati) cui dare il nostro voto. Con buona pace della Corte Costituzionale.
Come voteremo
Quando la prossima primavera andremo a votare ci troveremo di fronte una scheda con dei simboli e dei nomi prestampati: dovremo mettere soltanto una X. Il primo nome, quello del cosiddetto collegio uninominale con metodo maggioritario, sarà espressione di un partito o di una coalizione di partiti. Ne dovremo eleggere 231 (il 36% dei deputati). E i loro nominativi saranno scelti dalle segreterie dei partiti.
Sempre sulla stessa scheda, e abbinata al candidato uninominale, ci sarà una seconda lista di 2 o 4 nomi. Sono i candidati designati che vanno al voto con sistema proporzionale. Ovvero, più voti prenderanno i loro partiti e più aumenta la possibilità, dal primo al quarto candidato in ordine di lista, di essere eletti. Anche qui, inutile dirlo, i nominativi saranno scelti dalle segreterie di partito. E a loro è riservato oltre il 60% dei seggi.
Ritenta, sarai più fortunato
E se in quel collegio il partito va male, i candidati restano tagliati fuori dai giochi? No, perché questa legge elettorale, attraverso il meccanismo delle cosiddette “candidature multiple“, consente loro non solo di candidarsi comunque anche nei collegi uninominali ma anche in altri collegi proporzionali più forti in giro per l’Italia, aumentando, anzi, quintuplicando le loro chances di ingresso in Parlamento. Un po’ A/B test, un po’ come provare ad aprire la stessa identica bottega in Lombardia, Calabria, Lazio, Sicilia e Veneto. E vedere come va.
Stesso ragionamento, con quote minori (come minori sono i seggi da assegnare) per il Senato. Che è vivo e lotta insieme a noi, e insieme al Cnel.
